Pubblichiamo la Sentenza n. 25/2019 delle sezioni riunite della Corte dei Conti, in merito ai presupposti che devono sussistere al fine di avere l’effettivo controllo congiunto della società partecipata da PA nel caso in cui la partecipazione pubblica sia diffusa, frammentata e maggioritaria rispetto al privato, ex d.lgs. 175/2016 nonché un articolo di interesse.
I magistrati contabili ribadiscono quanto già esposto nella precedente sentenza n. 16/2019 ossia che la partecipazione maggioritaria di più Pa non può di per sé giustificare l’affermazione di un coordinamento di fatto né può tradursi automaticamente in “controllo”.
Sono invece necessarie norme di legge o statutarie o patti parasociali che richiedano il consenso unanime o maggioritario delle Pa, determinino così, effettivamente la capacità delle stesse di incidere sulle decisioni finanziarie e strategiche della società.
La sentenza 25/2019 è importante perché oltre a sancire i succitati concetti, risulta contraria ad alcuni precedenti pronunce in sede di controllo nonchè all’orientamento del 15/1/2018 della struttura di monitoraggio ex art. 15 del d.lgs. 175/2016.
La necessità, però, di un chiarimento sul concetto di “controllo congiunto” era già stata evidenziata nell’ atto di indirizzo, del 12/7/2019, dell’Osservatorio sulla finanza locale del Ministero dell’Interno, recante “Atto di indirizzo. Precisazione della definizione di “società a controllo pubblico” ai sensi e per gli effetti di cui al testo unico in materia di società partecipazione pubblica.”.
Infine, anche l’Anac, nella recente Delibera 859 del 25/9/2019 è intervenuta in merito al controllo congiunto sulle società partecipate ed ha rappresentato – dopo aver esaminato i diversi orientamenti in materia – che, per quanto di competenza, per lo svolgimento delle proprie attività di vigilanza nei confronti di società partecipate da più amministrazioni, essa “considera la partecipazione pubblica maggioritaria al capitale sociale quale indice presuntivo della situazione di controllo pubblico, con la conseguente applicabilità delle norme previste per le società a controllo pubblico nella l. 190/2012 (anticorruzione) e nel d.lgs. 33/2013 (trasparenza).
La società interessata che intenda rappresentare la non configurabilità del controllo pubblico è tenuta a dimostrare l’assenza del coordinamento formalizzato tra i soci pubblici, desumibile da norme di legge, statutarie o da patti parasociali, ovvero l’influenza dominante del socio privato, ove presente nella compagine societaria”.