Su materie di competenza diretta degli enti locali confluiranno almeno 43 miliardi di euro del recovery plan. I Comuni hanno dimostrato di essere i principali e più efficienti investitori pubblici, con una capacità di gran lunga superiore rispetto altri livelli di governo: nel 2019 un quarto delle opere pubbliche è stato realizzato dai Comuni. Fondamentale è che i finanziamenti siano diretti, che si definisca la governance e si diano ai Comuni gli strumenti necessari, a cominciare dal personale, per spendere presto e bene queste risorse.
Questi, in sintesi, sono gli argomenti che il presidente dell’ANCI, Antonio Decaro, ha portato all’attenzione delle commissioni Bilancio e Politiche Ue del Senato che sul Pnrr ha ascoltato i rappresentanti di Comuni (consulta il documento presentato).
“La versione del piano approvata lo scorso 12 gennaio in consiglio dei ministri è economicamente più consistente delle bozze precedenti, perché ai 209 miliardi sono state sommate le risorse del ReactEU, del bilancio dello Stato e le risorse della nuova programmazione comunitaria, fino a raggiungere un totale di oltre 310 miliardi di euro – ha calcolato Decaro -. Una prima analisi porta a stimare un valore di circa 43 miliardi di euro impegnati su materie di competenza diretta degli enti locali. La nostra valutazione complessiva del piano nazionale di ripresa e resilienza, è positiva. Apprezziamo alcune chiare indicazioni, nelle linee di finanziamento, coerenti con i 10 punti del manifesto ‘Città Italia’ che noi sindaci abbiamo concepito e consegnato già al precedente governo e poi all’attuale presidente del Consiglio nella fase delle consultazioni. Tuttavia dobbiamo segnalare anche alcune lacune o incertezze di merito e di metodo. In particolare non riscontriamo nelle misure legate a politiche sociali e socio assistenziali, la 5 e la 6, la centralità del ruolo dei Comuni che pure assolvono una funzione essenziale per potenziare la qualità dei servizi e per rafforzare la capacità di dare risposte adeguate ai bisogni dei cittadini. Riteniamo, per esempio, che vada costruito uno snodo efficiente e robusto fra redditi di sostegno e politiche attive del lavoro che abbia al centro la persona. Uno snodo che solo il Comune può costituire”.
Altrettanto importante è il metodo di gestione e applicazione del piano. “Nel piano non ci sono elementi sulla gestione delle risorse, sulle modalità di attuazione del piano e sul ruolo operativo riservato ai Comuni – ha continuato Decaro – elementi che influiranno moltissimo sulla certezza dei tempi. Del resto proprio la Commissione europea invita i governi a prevedere una legislazione che acceleri l’iter e consenta l’assegnazione delle risorse in un tempo limitato e certo”. La direzione indicata da Decaro è quella di disporre finanziamenti diretti ai Comuni e di definire procedure più snelle, compatibili con un’attuazione rapida degli interventi.
“L’altra questione fondamentale che incrocia merito e metodo – ha concluso Decaro – riguarda il potenziamento del personale che dovrà attuare il piano: un piano organico straordinario per rafforzare le amministrazioni coinvolte nella realizzazione del recovery plan e per evitare il paradosso di avere le risorse ma non il capitale umano necessario per portare a termine gli interventi entro le scadenze date. Da molto chiediamo la rimozione di paletti sulle assunzioni, vecchi di oltre dieci anni, che non hanno più ragione di esistere: non è più rinviabile”.