“L’Ageing è un tema multidimensionale che richiede risposte di ricerca in un quadro interdisciplinare, capaci di mettere a disposizione soluzioni innovative per realizzare prototipi di prodotti e servizi che serviranno ad affrontare una delle sfide più rilevanti della società contemporanea”.

Così il Rettore dell’Università Torino, Gianmaria Ajani, nella splendida cornice dell’Aula Magna della Cavallerizza Reale dell’Università, aprendo i lavori del convegno intitolato “Il fenomeno dell’Ageing nei servizi educativi per la prima infanzia”.

Per il Rettore “l’invecchiamento della popolazione interessa tutte le società occidentali e richiede competenze di ricerca che spaziano in tutte le aree disciplinari: dalla psicologia alla sociologia, dall’economia alla giurisprudenza, dalla medicina all’agroalimentare, dalla chimica alla comunicazione. La ricerca universitaria italiana – ha detto – da tempo ha portato la sua attenzione sul tema di un invecchiamento sano e attivo, orientandosi prima sull’allungamento della vita e ora anche sul tema della qualità per ‘dare vita agli anni’. Per questo motivo – ha aggiunto il Rettore – all’Università di Torino è stato istituito il network #hackUniTO for Ageing, in cui 29 università italiane e 850 ricercatori di tutte le discipline condividono con oltre 150 aziende ed enti pubblici, 280 progetti di ricerca che affrontano il tema secondo un approccio alle diverse dimensioni della vita”.

Riprendendo i risultati dell’indagine, svolta attraverso un questionario che si è rivolto a 47 amministrazioni comunali italiane con oltre 100 mila abitanti, Cristina Giachi, vicesindaco di Firenze e presidente della Commissione Istruzione, politiche educative ed edilizia scolastica Anci, ha presentato un altro dato particolarmente interessante. “Negli ultimi tre anni – ha rimarcato – il personale risultato inidoneo e con limitazioni ammonta a 270 unità tra gli educatori dei nidi, 154 tra gli insegnanti delle scuole d’infanzia e 195 tra gli assistenti, nidi e scuole d’infanzia.

L’incidenza più alta è quella della categoria degli assistenti (10,4%) che è comunque in assoluto la più anziana, seguono gli educatori (7,5%) e gli insegnanti (3,8%). La patologia maggiormente invalidante è quella muscolo-scheletrica (60% dei casi), seguono patologie da disagio (a causa di relazioni sul lavoro) e patologie da disagio a causa di motivazioni familiari/personali. L’indagine condotta dall’ANCI – ha spiegato Giachi – spiega anche cosa accade al personale, educatori dei nidi e insegnanti delle scuole d’infanzia, quando è dichiarato inidoneo. Nella maggior parte dei casi è ricollocato in altre aree dell’amministrazione (nel 68% dei casi per gli educatori dei nidi, nel 62% dei casi per gli insegnanti delle scuole d’infanzia). Negli altri casi il personale è indirizzato verso corsi di formazione/qualificazione”.

Per il vicepresidente vicario ANCI Piemonte, Mauro Barisone, “disporre di un personale docente di età avanzata comporta ripercussioni nella prestazione del servizio: scemano le energie messe in campo, fondamentali per l’approntamento di attività didattiche richiedenti lavoro fisico vero e proprio; si riduce la spinta motivazionale, che spesso favorisce l’aggiornamento e la sperimentazione; aumenta la distanza anagrafica tra docenti e alunni e diminuisce la comunicazione rispetto a gap anagrafici ridotti. Per affrontare il problema – ha detto – è necessario analizzarlo, e per questo ANCI, in rappresentanza dei Comuni italiani, ha promosso un’indagine sulla salute del personale educativo.

La presa di coscienza e la piena consapevolezza del problema – ha aggiunto Barisone – sono fattori imprescindibili nel sostegno del sistema educativo nel suo complesso, e soprattutto per garantire l’adeguatezza del corpo docente. Gli ultimi Governi, in realtà, hanno già mostrato segnali di attenzione al settore, si pensi al Bonus Cultura, segnali tuttavia che vanno necessariamente rafforzati, soprattutto in chiave di riqualificazione e di specializzazione. Soltanto muovendosi in tale direzione – ha concluso il vicepresidente vicario – possono porsi le basi per un sistema scolastico ottimale e in continuo aggiornamento”.

Sull’argomento è intervenuta anche la sindaca della Città di Torino, Chiara Appendino. “I primi cittadini – ha detto – sono chiamati direttamente a misurarsi con gli effetti di politiche nazionali che seppur intraprese al fine di salvaguardare il bilancio del Paese, si riverberano nei servizi pubblici. E’ il caso dei nidi per la prima infanzia nella nostra città. La riforma del sistema pensionistico che ha innalzato l’età dell’abbandono del lavoro e i blocchi imposti nel settore pubblico alle assunzioni, vedono oggi impiegate, molte persone mature, a contatto con bimbe e bimbi piccoli. Maestre ed educatori non più giovani hanno molto da trasmettere ai piccoli: oltre all’esperienza, disponibilità, tenerezza e calore. Ma dobbiamo fare i conti con la fragilità fisica che avanza con gli anni. E questo – secondo Appendino – è un tema inderogabile che i decisori nazionali debbono affrontare”.

Per Federica Patti, assessora all’Istruzione e all’Edilizia scolastica della Città di Torino, “il convegno di oggi è un momento importante che apre una riflessione ormai urgente sul tema dell’invecchiamento nei servizi per l’infanzia. La ricerca e la sperimentazione svolte a Torino – ha detto – vogliono essere un primo passo di un dibattito più ampio e articolato che vede nei servizi educativi una duplice criticità data dall’invecchiamento: l’affaticamento fisico e psicologico delle educatrici, ma anche una ricaduta importante sulla qualità delle attività e della relazione educativa”.